UN CASO UNICO ED IRRIPETIBILE:
ALFREDO PITTERI
Non solo commediografo. Era stato anche poeta. Ha scritto di
Ferrara,dla ssò vècia, cara Frara come 'città del silenzio', del suo
Po, ma di essa, come lui stesso per l'appunto afferma, in una sua
bella lirica ad essa dedicata, al più bèl vèrs an fu mai scritt.
E chissà, forse, al contrario, lo scrisse lui e quanti ne stilò per essa e per
la sua cultura dialettale e non, testimoniando in ogni cosa quanto amasse la sua città
natale.
Lo scrivere era per lui più che naturale, come l'aria che respirava: non ne poteva
fare a meno.
Molti di quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ancora oggi, raccontano di
come fosse 'normale' per lui, buttar giù all'impronta un pezzo 'a soggetto', in prosa o in
poesia: era facile, immediato, diretto e, forse, come dice Marguerite Duras, per lui "si
può parlare della malattia dello scrivere", vera come vero "è l'ignoto che abbiamo
dentro: scrivere vuol dire raggiungerlo. È questo o niente".
Ma per lui probabilmente, era tutto.
Aveva scritto per protesta, civile politica: suoi sono i versi de "Ai temp dia zzìmsa!",
stesi sotto lo pseudonimo di Fantasio - ma lui avrebbe detto scutmai - tra il 1939 ed il
1945, versi ironici, taglienti, che ricordano tanto la forza di quelli di Trilussa o del Porta o
del Belli, pieni di feroce ironia per l'ansia di una libertà negata dagli eventi della storia e
che gli 'valsero' l'esilio a Roma durante gli ultimi anni della guerra.
Aveva scritto commedie, romanzi per sé e/o per altri: essere un ghost writer era
forse una delle sue tante espressioni di scrittura, il 'poter' comunque dire, raccontare,
parlare, colloquiare con scrittòri ma, con interlocutori assenti, ma che soddisfacevano, in
ogni caso, la sua ansia di comunicazione, portando 'allo scoperto' la sua auto-ironia, la
sua importante capacità di ridere anche di sé.
Sì, era un grande comunicatore: era stato giornalista per il quotidiano la "Provincia
di Ferrara", per cui, giovanissimo, aveva iniziato a lavorare; nel dopoguerra era stato
per breve tempo capo-pagina del "Giornale dell'Emilia" e, nel 1948, capo- cronista alla
"Gazzetta Padana"; era uscito dal 'giro' dei quotidiani verso gli anni '50. Non fece più
giornalismo attivo, ma solo sporadicamente e tornò ad essere autore di commedie, non
solo, ma l'amore per il teatro lo spinse a scrivere ancora di più: la sua vena di
commediografo non venne mai meno, creativa, prospera e, ancora una volta,
comunicativa ed arricchita da una grande vis comica.
Alfredo Pitteri ha scritto ottantacinque commedie, otto delle quali in lingua italiana.
Fu il dottor Nando Bennati, altro grande personaggio ferrarese, a convincerlo a
scrivere per la Filodrammatica Estense "Adìo, Rusìna", la commedia che nel 1923, come
detto, lo fece conoscere in veste di autore originale dialettale ferrarese.
Da allora, tra i suoi estimatori ed 'incitatori' a proseguire nella sua fulgida carriera
di scrittore, ci fu il grande critico Renato Simoni - ricorda la figlia Marisa, poetessa pure -
che, in qualche modo, gli aveva predetto la sua vocazione riconoscendone, a colpo
d'occhio, da esperto, la genialità, l'eclettismo.
L'ultima commedia scritta, "Tàca la quarta" era nata "... su-misura-proprio-per-noi...",
come ricorda Elio Angelucci, capocomico della compagnia dialettale del Cinecircolo del
Gallo di Forlì, e suo ottimo amico ed allievo, con il titolo opportunamente romagnolo di
"Méti la quèrta", tre atti comici che come sfondo hanno una .. .autoscuola, una vetrina di
'tipi' locali, ora faceti ora patetici, ma sempre vivi ed umani l'umanità di Pitteri, more
solito, vi traspare ampiamente -legati da un unico sogno, da una stessa ispirazione, 'é
mutòr - il motore' o, meglio, arrivare a prendere la patente, una prova ulteriormente
intelligente dell' Autore, di riuscire a coniugare, anche per quei tempi, vita moderna e
cultura dialettale, presente e memoria del passato, con la sua forza vitale e la sua
tagliente ironia.
"La commedia che invece ci aveva fatto conoscere, me e Alfredo Pitteri - ricorda
ancora Angelucci - e che me lo aveva fatto apprezzare, da subito, è stata "Dài de' gas",
da noi sempre riproposta, ancora oggi all'... alba del 2002".
Tra la prima e l'ultima molte altre commedie scrisse: dopo il felice debutto con
"Adìo, Rusìna", il 16 marzo 1926 volle ricordare i ferraresi Succi, Malagutti e
Parmeggiani, trucidati dagli austriaci nei 1853 con "I tri màrtir", sempre in lingua
dialettale.
Incoraggiato, dopo Simoni, anche dal grande Alfredo Testoni - col quale, in seguito,
verrà paragonato, tanto da essere definito, l'Alfredo Testoni ferrarese - Pitteri continuò
con "Matuca", " 'Na scalmàna", "A vai più un pugn", "Cosa dirà la zént", "Se anch al
Papa" e "A la bersagliéra".
Quest'ultima, in particolare, riscosse uno strepitoso successo e la critica lusinghiera
di cui si parlava più sopra di Renato Simoni, apparsa sul "Corriere della Sera".
L'opera venne tradotta addirittura in spagnolo, oltreché in altri dialetti di molte
regioni d'Italia ed a tutt'oggi riproposta, 'destino comune' a molte altre commedie di
Pitteri come "Pàdar, fiòl... e Stefanin" l'esordio della Straferrara del 1931, rappresentata
anche a Milano, "Sgaltòn", un musical con motivi del maestro Carlo Otello Ratta, "Cal
cadàvar a ssòn mi", "La lotteria di Tripoli", opere entrambe basate su di un fatto
realmente accaduto, anch'esse ancora in... auge a Milano, Bologna e Parma.
Da ricordare riviste ed altre commedie musicali come "Elettrofollie" - ancora con
musiche originali ed adattamento di Ratta - "La balénga", "Un campanazz", "An vlén più
dònn", "Che delìzzia", "Puligàna", "Dagh dl'òli", opera d'ambiente redatta a quattro mani
con Arturo Forti, nel 1942, quando Pitteri stava ottenendo un certo successo con una sua
Compagnia del Teatro Ferrarese.
Ad essa seguirono "Nubiltà sbalàda", "I fastìdi d'un miliunàri", "Un bèl uriginàl" ed
in lingua italiana "Bizzarria" e "3- 2-1", scritta per rappresentare il paradosso
nell'ambiente teatrale, appena preceduta da "Tempesta sséca".
Questa sua compagine poi prese il nome dell'antica "Città di Ferrara" e collaborò
subito dopo la guerra per oltre un lustro con la Straferrara, rappresentando, tra l'altro,
"A spòs mié nona", "A la partigiana", "Al diavul e l'aqua santa", tutte di Pitteri. Ad onor
dell' eclettismo pitteriano, è giusto ricordare la sua bravura anche come attore ed
interprete eccellente, addirittura per i musicals di cui sopra come... truccatore di scena;
da rilevare, inoltre, che era solito scrivere ad hoc, pura inventio, come del resto, si
accennava più sopra commedie e parti per sé e per gli attori e le compagnie con cui
lavorava, come, per l'appunto, la Straferrara:
un esempio le ultime tre commedie nominate.
Nel dopoguerra la sua produzione, dunque, non calò certo, né di tono, né
quantitativamente: da ricordare, oltre alle appena sunnominate, le due riviste "Còm
andégna, ssgnòr Pirìn?", la commedia "Sal e pévar", tra le più rappresentate anche in
questi ultimi anni non solo a Ferrara, ma anche in 'traduzione', come già detto, in altre
città emiliane e dell'Italia del Nord, "La banda di Pelloni", vincitrice dei concorso Enal nel
1947, "Cal massciòn ad mié muiér", "Dénass la man", "L'isstà ad San Martìn", "Lassa pur
che al mònd al dìga", vincitrice di unprimo premio nel 1949, "G'ha rason Pendenza?",
altro premio nel 1951, "Se tuti i bécch i purtàss al lampiòn', "Tròpa bubàna", "An ss'
agh dura", "E pò torna serén", "Di su, fantasma".
La sua vita è, per certi versi, entrata anch'essa, come quella della Straferrara,
nell'aneddotica locale: dopo la sua morte, di lui scrisse, tra l'altro, Olao Accorsi:
"... Détte prova, nel 1945, di fermezza e di coraggio eccezionali, un giorno in cui un
personaggio - famigerato per quei tempi - gli si presentò dinanzi proponendo gli un
'alternativa spiccia: o un pacchetto di banconote o un colpo di pistola, purché la
smettesse con una certa vicenda. La risposta di Pitteri fu rapida e decisa: rovesciò il
tavolo in faccia all'uomo, allibito, che fuggì a precipizio; e gli lanciò dietro, dal ballatoio
delle scale, la pistola che aveva lasciato fuggendo. Fuori, ad aspettarlo, altri due, armati
di mitra, che seguirono il loro capo a precipizio. Di coraggio Pitteri aveva dato prova, del
resto, durante la guerra, passando a più riprese la linea del fronte, sulla Gotica, in
rischiose missioni speciali. Nel 1943 era divenuto, infatti, 'staffetta personale' del
maresciallo d'italia Pietro Badoglio, allora a capo del governo militare; si disse, allora,
che gli avesse commissionato il volume delle sue memorie, ma il rapporto prestigioso
non durò a lungo: va detto, a questo riguardo, che egli non era fatto per dirigenze o
sedie, per importanti che fossero. E scelse sempre la libertà, pagandola a prezzo salato
ed in prima pérsona. . . ".
E a proposito della sua ironia ed auto-ironia, vale la pena di citare alcuni simpatici
aneddoti che lo riguardano: appartengono agli anni giovanili gli scherzi più audaci tra
cui, da ricordàre, vi è quello giocato ad un barbiere di corso Isonzo al quale, una notte,
venne murata la porta della bottega e che rischiò letteralmente di ammattire; negli anni
'50 se ne ricorda un altro, combinato ai danni di un anziano collega a proposito della
tappa del giro d'Italia.
E ancora: una sera di qualche anno dopo fu visto, al termine di una recita tenuta al
Teatro Comunale dove aveva diretto lo spettacolo, camminare per corso Martiri della
Libertà con le scarpe in mano. A chi gliene chiese il motivo, stupito del suo quantomeno
strano comportamento, rispose tranquillamente che alla tortura di un paio di scarpe
nuove e strette preferiva una caduta di... decoro, continuando poi a discorrere con
l'amico che lo accompagnava.
È scomparso nel marzo del 1976 e, per ricordano di nuovo con le parole di Accorsi:
"... È uscito di scena in silenzio, ad una certa età, senza conoscere I 'onta della
vecchiaia. Perché Alfredo 'vecchio' non fu mai e vecchio, d'altronde, non poteva essere. I
suoi settantaquattro anni erano per lui, tutt 'al più, un incomodo della sorte "
Il pezzo biografico rappresenta l'8° capitolo del saggio critico-storico I SETTANT'ANNI DELLA
STRAFERRARA - Piccolo percorso tra storia ed immagini di una compagnia teatrale dialettale ed è opera
della giornalista, scrittrice e critica MARIA CRISTINA NASCOSI.E' il sesto volume della collana ora giunta
al suo 14°, "Cóm a dzcurévan/Come parlavamo", Quaderni sulle fonti, le testimonianze, i testi della
lingua, della letteratura e del teatro dialettali ferraresi, a cura di AR.PA.DIA., l'Archivio Padano dei
Dialetti del Centro Etnografico / Centro di Documentazione Storica dell'Assessorato alle Politiche ed
Istituzioni Culturali del Comune di Ferrara. E'stato pubblicato a Ferrara nell'anno 2002 ed è qui riportato
per intero per gentile concessione dell'Autrice che ne conserva, naturalmente per intero, i diritti. Ogni
riproduzione è vietata.
Un grande ringraziamento al Maestro Aurelio Angelucci responsabile
del Cinenecircolo del Gallo di Forlì, che ci fatto pervenire questa
biografia ed ha aggiunto: "Per me è stato come un secondo
Padre. Per questo faccio molto per la sua memoria" e noi con
piacere l'abbiamo resa pubblica.
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